lunedì 13 settembre 2010

Post "Senza veli"...

Come anticipato su Twitter ieri sera ho finito Senza Veli. Ho preferito dormirci su prima di scriverne, farlo decantare come un buon vino, ed ora direi che ci siamo. Parto dal giudizio: 4 stelline aNobiiane su 5. Non cinque perchè non è uno dei suoi capolavori, non meno di quattro perchè comunque è sempre Palahniuk, ed ogni suo romanzo è per me una storia d'amore.

Senza Veli parla di una star della vecchia Hollywood in declino. Apre la porta su un mondo fatto di finzione, tradimento, doppiezza e superficialità. Lo fa con il consueto linguaggio asciutto, incisivo e ripetitivo che tanto amo. Sono però rimasta un pò delusa, perchè per la seconda volta (la prima mi era capitato con Invisible Monsters) a tre quarti del libro ho indovinato il finale. Non che fosse così scontato per carità (lo era forse ancora meno in Invisible Monsters). Comincio a pensare di essere un po' deviata pure io. O forse Palahniuk mi piace così tanto perchè scrive come scriverei io, con gli stessi schemi mentali, negli stessi, tortuosi, labirinti del pensiero.

Ora sento prepotentemente (di nuovo), il richiamo del Giappone. E' da giugno che non leggo letteratura giapponese ed ho le crisi di astinenza. E pensare che all'inizio non era stato per nulla amore. Norwegian Wood (Murakami) è stato per me un parto difficilissimo, e Kitchen (Yoshimoto), nonostante mi sia piaciuto non mi ha entusiasmato. La scintilla è scoccata con Kawabata e i suoi Il paese delle nevi e soprattutto La casa delle belle addormentate (capolavoro). E' come se con lui io sia riuscita a trovare la chiave d'accesso ad un mondo che non riuscivo a capire davvero, che sentivo troppo lontano dal mio modo di essere. Dopo Kawabata Sly della Yoshimoto l'ho davvero amato.
Ora ci riprovo con La fine del mondo e il paese delle meraviglie di Murakami. Staremo a vedere.
さようなら- Sayōnara

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