martedì 30 novembre 2010

Sulla riforma dell'Università.


Ok, l'ho letto. Intendo il Ddl (disegno di legge) di riforma del sistema universitario. Ho letto il testo approvato dal Consiglio dei Ministri in data 28 Ottobre 2009. Se ci sono state (e ne sono quasi certa) proposte di emendamenti al momento su quelli non mi posso pronunciare.

Ok, ci sono. Ed ho un paio di considerazioni e interrogativi da fare, con tutta l'umiltà possibile, a chi in questi giorni sta sostenendo così strenuamente la propria opposizione al provvedimento.


Cominciamo dalla considerazioni.
La prima riguarda la mia ferma convinzione che il testo del ddl l'avrò letto io (solo ora) e pochi altri. Non perchè sia lungo (sono solo 15 articoli), ma perchè in alcuni punti è risultato di difficile assimilazione pure per me che sono laureanda in giurisprudenza, abituata ad un certo linguaggio "da azzeccagarbugli", che leggo e penso di avere un buon livello di comprensione in generale. Credo, in tutta sincerità, che la maggior parte delle persone si sia limitata a cercare informazioni sui giornali o sul web, con l'inevitabile conseguenza di assimilare un'informazione già assimilata da qualcun'altro, mediata dal suo pensiero e dalle sue convinzioni (di qualunque parte esse fossero).

La seconda considerazione riguarda la mia assoluta sfiducia nella categoria "studente che manifesta". Come ho già scritto su alcuni blog posso accettare l'universitario, o il ricercatore che scende in piazza e manifesta il proprio dissenso. Il liceale (ed in questi giorni erano la maggioranza) no, non lo accetto. E' lì in piazza a fare numero, a divertirsi, a far finta di essere grande o a provarci con la compagna dell'altra sezione. E' lì solo per non fare lezione e non essere interrogato. Perchè su, siamo stati tutti ragazzetti, manifestare "fa figo". Non ha la minima idea di cosa sta facendo, ne del perchè, ed in fondo non credo gliene freghi più di tanto. Magari a qualcuno sì - le mosche bianche ci sono sempre - ma per gli altri non ci sono giustificazioni.

Ora passiamo agli interrogativi.
Partiamo dal presupposto che io, dall'Università, ho avuto il peggio. Parto dalla riforma del 3+2, in una facoltà piena di cosiddetti "baroni", in cui l'insegnamento in pratica non esiste. Un posto odioso ed assolutamente demotivante, in cui la regola "se sei figlio di..." è sempre stata seguita alla lettera, in cui l' impressione è che a nessuno freghi nulla se non il mantenere la propria posizione di potere, in cui lo studente è considerato quasi con "razzismo", ignorato, mortificato ed umiliato. Buono solo quando c'è da pagare la retta. Un posto in cui io cambierei tutto. Mi chiedo quindi, di fronte ad una situazione tanto penosa, cosa potrebbe andare peggio?

Leggo poi il testo del ddl, ed alcuni punti mi paiono davvero buoni. Dall'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla cattedra (metà dei miei professori non la passerebbe), alla valutazione quadriennale per gli stessi professori, che saranno anche chiamati a fornire relazioni periodiche e certificazioni sul lavoro effettivamente svolto (qui cadrà l'altra metà), al fatto che queste valutazioni saranno effettuate da commissioni (hanno un nome preciso ma non lo ricordo) composte da membri anche esterni all'Università, spezzando un po' quello status quo che fa stare ora tutti questi "baroni" con il culone bello al caldo.

Anche la previsione di un fondo per valorizzare il merito degli studenti e la possibilità di aggregarsi e "fondersi" tra atenei per migliorare l'offerta formativa mi paiono buone cose, ma magari sono troppo superficiale?
Reclutamento e progressioni di carriera del personale saranno solo dei migliori, così come i fondi nazionali saranno ripartiti in base al merito. Se tu, cara Università ciccipù non fai un cazzo, ti tieni dei professori di 80 anni che non pubblicano nulla, i tuoi ricercatori non valgono un fico secco e sono lì solo perchè raccomandati, i tuoi studenti sono delle bestie, ecc ecc vedrai ridotto il tuo bell'assegnino di mantenimento. E così sia.

Altra cosa positiva mi pare la possibilità per professori e ricercatori di mettersi in aspettativa, senza perdere il posto, per andare a lavorare altrove (all'estero pure, se gli pare) per un periodo di 5 anni. Ci aggiungo l'ottimo emendamento (mi pare di futuro e libertà) che prevede dei limiti all'ingresso dei parenti stretti nello stesso ateneo.

A quanto ho letto e sentito in giro, la norma che è più contestata è quella riguardante la posizione dei "ricercatori", il fantomatico art 12. Io ci ho capito questo: per attività di ricerca e di didattica, anche, integrativa, o di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo pieno e determinato. Bisognerà garantire almeno 350 ore annue. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche. I contratti hanno durata triennale e possono essere rinnovati una sola volta, di altri 3 anni. Dopo i 6 anni di contratto, se il ricercatore ha lavorato bene, sarà confermato dall'ateneo, a tempo indeterminato, con il grado di professore associato. In caso contrario, terminerà il rapporto con l'università, maturando, però, dei titoli utili per i concorsi pubblici. La norma ricorda che il trattamento economico spettante ai ricercatori a tempo determinato è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno, incrementato del 20 per cento.

Il male sarebbe quindi che un ricercatore dopo 6 anni si trova per strada? Potrebbe capitare. Ma potrebbe anche capitare che, in un sistema che utopicamente funziona, in cui un professore che non vale è mandato a casa, in cui inevitabilmente si arriverà ad abbassare l'età media di tutto il personale, in cui la circolazione dei soldi è controllata a pena di sanzioni severe, un ateneo decida che quel ricercatore che ha lavorato per sei anni vale, lavora bene, e merita di essere nominato associato. Se funzionasse non credo sarebbe male.

Voi direte: "non funzionerà", e magari avete pure ragione, ma può oggettivamente andare peggio di così??

Ecco quindi i miei interrogativi (dopo una lunghissima e soporifera premessa). Io voglio capire, voglio sapere se sbaglio e dove. Sono qui, umilmente, a chiedere il vostro parere, pronta a chinare il capo se mi accorgerò di aver torto, ma non ad essere massacrata per partito preso.

Perderò tutti i miei followers, pace, queste cose le volevo dire.

12 commenti:

Ginger ha detto...

Uno dei punti che non accetto è che dietro questa "maschera del merito" verranno isolate ancora di più le Università del Sud, e quindi la zona dove sono nata e da cui provengo diventerà ancora più depressa.
Io ho fatto i tre anni in una Università con molti problemi (professori non competentissmi) ed ora mi trovo a fare gli ultimi due anni a Bologna dove invece mi trovo molto bene (nonostante paghi una cifra abbastanza alta di retta e che l'anno prossimo aumenterà ancora).

Se i tuoi followers sono intelligenti non smetteranno di seguirti solo perché la pensano diversamente da te.

Annalisa K. Varesi ha detto...

La condizione delle università del sud non deve però essere un freno allo sviluppo di tutto il sistema. Bologna è un'isola felice, a detta di tutti forse la migliore università d'italia. A Pavia non ci saranno problemi di soldi, ma è comunque tutto da rifare..

Ginger ha detto...

Non me la sento di farne una questione di Nord e Sud visto che l'istruzione e la ricerca sono un problema nazionale. Io ho avuto la grande fortuna di avere dei genitori che possono permettermi di studiare fuori e non trovo sia giusto che chi resta a casa debba avere una qualità di insegnamento peggiore, anche perché si ottiene lo stesso fenomeno di fuga di cervelli che si verifica a livello internazionale. Però sto uscendo fuori dal discorso.
Qualcosa va fatto questo è certo e sul problema dei "baroni" condivido. E' anche stupido l'atteggiamento opposto,cioè chiudersi a riccio e lasciare tutto così come è ora.
Queste manifestazioni, che si sia d'accordo o no, servono a rendere partecipi tutti, perché non è un problema solo degli studenti e dei ricercatori.
La gente forse non si rende conto ma nelle altre nazioni in tempo di crisi stanno investendo tutto sulla ricerca. Qui si trattano i ricercatori come appendici fastidiose.

i3/4 ha detto...

Difficile prendere una posizione ma l´università italiana attualmente è antiquata e assolutamente non competitiva. Da qualche parte bisogna pur cominciare a dare una ripulita! I soldi alla ricerca ci vogliono per la gente che studia cose SERIE e utili per TUTTA la società. C´è gente che passa la vita a studiare i fiori e le farfalle nella Divina Commedia, con tutto il rispetto, preferirei che le mie tasse andassero ai ricercatori in ambito medico e ingegneristico.

Anonimo ha detto...

Io non accetto che l'università vada verso la privatizzazione. Ho sentito ieri sera la Gelmini a matrix, la presenza di privati porterà all'impoverimento e possibile chiusura delle facoltà umanistiche, non penso che investitori quali banche siano interessati ai laureati in lettere&co.

Ginger ha detto...

(@ i 3/4)Allora un problema è quello dell'indiscriminata distribuzione dei fondi (e lì siamo d'accordo), altro è quello di portare ad esaurimento la figura del Ricercatore Universitario (indispensabile fino ad ora) creando una nuova forma di precariato.
Ribadisco che qualcosa va fatta, ma non per forza in questo modo.

Annalisa K. Varesi ha detto...

@ anonimo. E' quello che succede in tutte le grandi università europee che tutti guardiamo con gli occhioni languidi pensando "che bello se succedesse anche qui".

Che poi sia la soluzione "migliore", questo non lo so, non ho le conoscenze economiche/organizzative/pratiche per dirlo. Ma, come dicono tutti, da qualche parte si deve pur cominciare. E provarci. Tanto peggio di così è dura.

Anonimo ha detto...

scusami se dissento ma gli occhioni languidi magari possono venire a qualcuno guardando un film, chi guarda con razionalità al problema dubito possa sognare questa soluzione. che un cambiamento ci voglia questo è certo.

Annalisa K. Varesi ha detto...

Il mio era avviamente un modo di dire "figurato". Non è un mistero che all'estero l'università sia avanti anni luce rispetto a noi, credo che almeno su questo siamo tutti daccordo.

Cannibal Kid ha detto...

premetto che non se so moltissimo di questa riforma, però al di là di quello che c'è scritto sul testo, il problema credo sia la riduzione notevole di soldi nelle borse di studio e molti tagli economici all'istruzione, quando i tagli potrebbero essere fatti in altri campi, chessò la difesa o i costi della politica

Teo ha detto...

E invece ne hai guadagnato uno, anche solo per il fatto che prima di dire la tua ti sei letta il decreto...

Ciao!
Matteo

eka ha detto...

Premettendo che qualsiasi governo ha sempre trattato la mia categoria (artisti o aspiranti tali) come la bassa manovalanza della società (e dire che taaanto tempo fa l'artista era strapagato... sob), quindi io avrei da ridire sul continuo mettere sul piedistallo la scienza e trattare come sottomerda letteratura, l'arte, e compagnia... io non me la sono sentita di manifestare contro o pro questa riforma, proprio perchè non ho davvero capito una mazza dei punti che ho letto.
Nel senso che, per il poco che ricordo dal liceo (lezioni di diritto), le leggi non dovrebbero essere chiare, precise, senza rigiri strani di parole? No, perchè io mi ricordo così???
Vabbè.
Comunque, il punto è che in Italia bisogna per forza classificare. C'è bisogno di classificare tutto. L'università di serie A, quella di serie B. Ed il corso di serie A, B, C... non c'è un vero senso del merito del singolo.
Se uno è bravo, ma ha la sfiga di vivere a Genova e fare la mia nonfacoltà di merda (perchè i genitori poveri non possono spedirlo altrove), rimarrà sempre uno sfigato qualunque, in una nonfacoltà qualunque, perchè la nuova legge vattelapesca ha deciso che per quel ramo, e per quella città, non occorre spendere risorse*
E vaffanculo. Scusa eh?

*(conta che tu parli di giurisprudenza, quindi nel pensiero comune sei almeno 5 gradini più in alto di me, che faccio Belle Arti-Grafica).